Milano, ottobre 2020

Mia cara Susanna. Leggo “Profumo di madre” e al tempo stesso decido di scriverti ma, come si dice, a ruota libera. L’impressione, mentre leggo, è quella trovarmi tra le mani una fotografia in bianco e nero che sorprendentemente ne racchiude in sé tante altre. Questa è l’ immagine che il tuo racconto mi restituisce. Un bianco e nero diverso da quello che conosco e apprezzo. Mi spiego. E’ come se fosse stata scattata un fotografia a colori senza i colori. Come se qualche cosa, o qualcuno, li avesse sottratti. E’ così che, fin dalle prime righe, realizzo che i colori sono andati perduti. Per sempre. Per me questo tuo racconto è come guardare un fotogramma che ti appartiene e che è stato tenuto a lungo chiuso in un cassetto. Ma quale cassetto? In fondo ognuno, in casa propria, ha un luogo sicuro, un cassetto, una vecchia scatola di biscotti, sulla quale è incisa la cifra della nostra vita. E’ il luogo dei ricordi, luogo isolato e privilegiato, che ci da conforto per il solo fatto di sapere che lì sono conservati tutti quegli oggetti che hanno lasciato un segno sul nostro cuore. Quelli che rappresentano la magia di un incontro, ma anche quelli di una esperienza vissuta in un limite. Oppure un viaggio che ha dato un senso diverso, nuovo, alla nostra vita. Una lettera, una foto dai bordi usurati, un biglietto di auguri, una canzone. Dunque che cosa ha tenuto vivo nella tua memoria quel che hai vissuto quale testimone di una così grande mancanza. Forse quella compassione che percepiamo scaturire da ogni singola pagina e che non è possibile custodire in alcun cassetto. Compassione. Per ciò di cui non c’è traccia sui visi dei bimbi che descrivi: L’amore di una madre, la sua presenza fisica, il suo abbraccio, il suo insostituibile calore. Ecco a cosa mette di fronte al lettore il tuo racconto: alla non vita vissuta in assenza di amore. Ne mostra l’oscenità senza alcuna censura. Un’esperienza che noi lettori, io certamente, non abbiamo – fortunatamente – mai conosciuto. Neppure immaginato. Una mancanza che non ha soluzione, a cui non è possibile sopperire, che non ci riguarda ma che ci permea e ci fa un po’ paura. Come possiamo, come posso restare indifferente? E così quel nostro quieto vivere, a cui teniamo tanto, che ci sembra l’unico chevalga la pena di essere vissuto vacilla – per qualche istante in più di quanto ci saremmo aspettati – sulle ultime righe dell’ultima pagina, Spengo il computer e il tuo racconto sparisce dal monitor per andare a infilarsi nel “cassetto digitale” di una nascosta, quanto segreta, memoria artificiale. Chissà Susanna quando ti leggerò di nuovo.

Dopo molti giorni riaccendo il computer. Cerco la mia lettera per te tra le varie e disordinate icone della mia vita. La rileggo indeciso se inviartela o no. Curioso, mentre rileggo mi pare di percepire, di sentire un profumo… chissà forse è solo suggestione… o forse no. Premo il tasto Send. Con affetto, Franco