Cara Susanna, grazie per quest’ultimo tuo impegnativo lavoro che oggi ho voluto rileggere. Secondo me è un testo che, tra i molti pregi, ha anche quello di riscrive la storia contemporanea della Lunigiana. E un grazie particolare a Lea che ha avuto la forza di condividere con te i suoi tormentati e dolorosi ricordi. Le lettura scorre su un evento da me conosciuto, tuttavia collocato lontano negli anni e vissuto – per quanto mi riguarda – lungo i margini di un libro di storia del secolo scorso. Fino a ieri ho associato il nome “Vinca” solo alla fragranza del suo famoso pane e che a dispetto dei drammatici eventi storici vissuti dai suoi abitanti, è un simbolo di vita. Ma Vinca è ben altro.
Mi pongo subito una domanda per me inevitabile: perché? Sai Susanna vorrei tanto trovare un senso a quella assurda strage. Vorrei poter affermare che gli abitanti di Vinca andarono sì incontro ad un destino spietato, ma che il loro “non fu un sacrificio vano”. Di fronte ad eventi così violenti cerchiamo sempre di tracciare una linea oltre la quale vediamo, o forse ci illudiamo di vedere, un senso nella fine della vita, in particolare di quelle cruente. In questo caso però temo la risposta alla mia domanda.
Quanto hai scritto è un’ulteriore conferma di come la vita scorra troppo spesso sul binario della violenza. Quanta, quanta violenza abbiamo visto, sentita nei racconti, esaltata o deprecata; qualche volta vissuta. Ma quella di Vinca ha un che di diverso perché leggendoti mi pare di riviverla insieme a te. E così non sono riuscito a distrarre lo sguardo dalla lettura immaginando – quasi vivendo – quanto accaduto. Immagino allora gli occhi della piccola Lea che avrei tanto voluto abbracciare per pararle alla vista – almeno alla vista – l’orrore voluto, cercato, provocato da esseri umani.
Così dopo aver letto “Gli occhi nelle lacrime” resta il dolore per quel sacrificio che la guerra ha voluto dedicare a sé stessa.
Ma gli esecutori della strage? Ecco la seconda domanda: come è possibile che siano esistiti – ed esistano – uomini che non hanno alcuna empatia di fronte alla sofferenza umana e che forse addirittura ne ignorano l’esistenza? Chissà se qualcuno di quei carnefici avrà provato nella sua vita un’esperienza empatica. Non credo. Forse avranno versato una lacrima vedendo un film romantico. Forse. Ma nulla di più temo. Che beffa sarebbe! Mi perdonerai il cinismo ma come sai anche Hitler pare avesse empatia, ma solo con il suo cane.
Con stima e affetto, Franco.